Maurizio Tiriticco - anno scolastico 2004-2005
Maurizio Tiriticco - 20-07-2005
Confesso che non mi ha sorpreso più di tanto l'attacco del Presidente del Senato al Consiglio Superiore della Magistratura: è l'ulteriore conferma della vocazione politica della attuale maggioranza, assolutamente sprezzante delle regole della ...
Maurizio Tiriticco - 22-06-2005
Sono giorni in cui nella stampa si fa un gran parlare dei prossimi esami di maturità! Sono cose che abbiamo sempre dette e riguardano i numeri dei candidati, le ansie, le difficoltà della prova, le preoccupazioni del dopo esame e così via! E sono i discorsi di sempre, come se la riforma degli esami di maturità non ci fosse mai stata! Ed in effetti è proprio così! Il ritardo è assai grave ma nessun commentatore sembra accorgersene! E' il destino di molte riforme nel nostro Paese ed in primis di quelle che riguardano la scuola!
Maurizio Tiriticco - 26-05-2005
In una mia nota precedente ricordavo l'immane fatica con la quale le Direzioni generali classica, tecnica e professionale dell'allora Mpi giunsero ad elaborare quel risicatissimo comma 3 dell'articolo 1 del Regolamento applicativo dei nuovi esami di Stato, che così recita (i grassetti sono miei): "L'analisi e la verifica della preparazione di ciascun candidato tendono ad accertare le conoscenzegenerali e specifiche, le competenze in quanto possesso di abilità, anche di carattere applicativo, e le capacità elaborative, logiche e critiche acquisite".
La montagna della legge 425 aveva partorito il topolino del dpr 323! In effetti, con il Regolamento si doveva rendere attuativa l'indicazione dell'articolo 6 della legge di riforma, che così recita: "Il rilascio e il contenuto delle certificazioni di promozione, di idoneità e di superamento dell'esame di Stato sono ridisciplinati in armonia con le nuove disposizioni , al fine di dare trasparenza alle competenze, conoscenze e capacità acquisite secondo il piano di studi seguito, tenendo conto delle esigenze di circolazione dei titoli di studio nell'ambito dell'Unione europea".
Nella stessa nota ricordavo anche come con il nuovo esame si intendesse superare il concetto di maturità, che "ha come fine la valutazione globale della personalità del candidato" (articolo 5 della legge 119/69) per introdurre un altro concetto, quello di competenza e con essa un'altra pratica valutativa, quella, appunto, dell'accertamento e della certificazione delle competenze acquisite dal candidato. Si trattava di una svolta importante - se non epocale - che implicava nuovi criteri di valutazione, e non fu un caso che la valutazione decimale attribuita a prove non strutturate venne sostituita nella sede d'esame con una più puntuale attribuzione di punteggi a prove che avessero ampi margini di strutturazione.
Maurizio Tiriticco - 16-05-2005
E' il titolo di un vecchio film, ma mi è tornato in mente dopo la risposta del ministro Moratti a Mario Pirani sulla questione del bullismo.
E' certo - ed il ministro ha ragione - che il bullismo affonda le sue radici nel disagio giovanile e che la soluzione è a medio e a lungo termine, ma... Dov'è la soluzione? O meglio, l'avvio della soluzione? E qui mi vengono in mente le pupe, cioè tutti gli ingenui che credono alle favole, soprattutto a quelle che raccontano loro!

La favola è quella dei "principi sui quali si fonda il nostro progetto educativo - così scrive il ministro - quelli affermati dalla Costituzione repubblicana e dalla Convenzione europea: la dignità della persona, la libertà, l'uguaglianza, la solidarietà la giustizia, la cittadinanza consapevole e partecipata"!

A parte il fatto che la Costituzione con quel famoso anche scritto bello bello nella legge 53 tra le finalità del sistema educativo, sembra un optional, e a parte il fatto che l'uguaglianza nelle Indicazioni nazionali era stata cassata dalla citazione dell'articolo 3 della Costituzione e poi reintegrato solo dopo le proteste di tanti di noi, che dire delle ragioni che hanno indotto a formulare questi nuovi sacrosanti principi fondanti?
Il ministro ce lo dice chiaramente! Era necessario introdurli "in una scuola che negli ultimi decenni si era concentrata più che altro sulla trasmissione del sapere"!!! E qui casca l'asino, o meglio la pupa! Quindi, è il sapere che ha provocato il bullismo! Eppure, da decenni, nessuno di noi se ne era accorto! Continuavamo a insegnare che due più due fa quattro e che tra l'a con l'acca e l'a senz'acca c' è una certa differenza... e non sapevamo che queste non sono semplici nozioni, ma i pericolosi bacilli del bullismo!!!

Ahi noi! Finalmente una pupa ha scoperto l'arcano! Punto e a capo! Altro che tre per tre fa nove e qui e qua vanno senz'accento! Bisogna educare alla convivenza civile, magari con sei belle materie nuove nuove, però... tutte traversali... perché le ore non bastano, bisogna valutare il comportamento, obbligare ai tre quarti della frequenza, e nel giro di un tempo medio-lungo tutto sarà risolto!
Occorreva cambiare una scuola - il ministro lo dice ripetutamente - in cui l'alunno doveva piegarsi ai suoi programmi e dar vita, invece, a una scuola in cui è questa ad essere a servizio dell'alunno... ed anche di mamma e papà!
Maurizio Tiriticco - 10-05-2005
Il Miur non riesce a liberarsi dei fantasmi del passato! Che il liceo classico debba essere da sempre e ad aeternum il cuore, il clou, l'hard core - diciamolo come si vuole - dell'intero nostro sistema di istruzione, è una sorta di "fissa", un atto di fede per la nostra amministrazione.
Ricordiamo il primo documento di un paio di anni fa, ovviamente anonimo e ufficioso, ma di fonte autorevole - sono anni che abbiamo sempre a che fare con carte autorevolmente... incerte! - il cui incipit così recitava: "La scuola liceale ha dietro di sé una lunga tradizione. Tra i suoi caratteri distintivi si può annoverare la capacità di adattarsi ai diversi contesti storici e alle diverse esigenze culturali e professionali. Nondimeno questa scuola ha saputo conservare saldi legami con le sue origini ideali, quel Liceo di Atene dove insegnò Aristotele". Insomma il liceo è come un'araba fenice sempre destinata a sopravvivere ad ogni sovvertimento! E il testo proseguiva via via di questo passo!
Non fui il solo ad insorgere contro questo vantato primato, giustificato inoltre da quelle pretestuose differenze tra teoria e téchne - il greco antico per i nostri anonimi è sempre d'obbligo - riproposte per un mondo in cui con tanta fatica ci si muove per restituire la dovuta pari dignità alle mani e alla mente!
E sembrò che questo appello fosse poi in una certa misura ascoltato. Così nella prima redazione dello schema di dlgs sul 2° ciclo abbiamo letto: "Il Liceo classico approfondisce la cultura liceale dal punto di vista della civiltà classica, fornendo allo studente gli strumenti per conoscerla ed interpretarla. Assicura la padronanza delle tecniche e dei linguaggi relativi, nonché il rigore metodologico, la sensibilità ai valori estetici, l'ampiezza della visione culturale, che consentono di cogliere le radici dell'umanesimo nel mondo moderno e nella realtà contemporanea".
L'amministrazione (finalmente un documento firmato!) sembrava rinunciare alla prosopopea, anche se molti notarono un certo sbilanciamento verso la categoria delle radici più che su quella della lettura della contemporaneità.
Tra le tante proposte di modifica di questo testo, mi è sembrata interessante quella avanzata dall'ANDIS, in occasione delle audizioni presso le commissioni parlamentari, che così recita: "Proponiamo di riscrivere il testo relativo al liceo classico, troppo generico, enfatico, passatista. Non bisogna 'appiattire' questo liceo sui soli studi classici, come se questi fossero la sola chiave di lettura della realtà contemporanea. Proponiamo pertanto il testo seguente: Il liceo classico approfondisce la cultura liceale dal punto di vista dello sviluppo delle civiltà dal mondo antico a quello attuale, fornendo allo studente gli strumenti per conoscerne ed interpretarne i diversi momenti storici. Assicura la padronanza dei linguaggi e delle relative tecniche nonché il rigore della ricerca nei diversi campi della produzione culturale ed artistica, in modo da consentire una comprensione critica e responsabile delle complesse problematiche della realtà contemporanea".
Si trattava, a mio avviso, di una mediazione interessante. Ma dalla riscrittura operata dall'amministrazione, che cosa emerge? Si è dato, come si suol dire, un colpo al cerchio ed uno alla botte. Leggiamo il nuovo testo nella redazione dei 3 maggio u. s. (art. 5, comma 1): "Il percorso del liceo classico approfondisce la cultura liceale dal punto di vista della civiltà classica e delle conoscenze linguistiche, storiche e filosofiche fornendo un rigore metodologico e una dotazione di contenuti e di sensibilità all'interno di un quadro culturale di alto livello e di attenzione ai lavori anche estetici che offra gli strumenti necessari per l'accesso qualificato ad ogni facoltà universitaria. Trasmette inoltre una solida formazione problematica e critica idonea a leggere la realtà nella sua dimensione sincronica e diacronica" (le sottolineature sono mie).
Nell'ultimo periodo del nuovo testo sembra che la ricerca delle radici abbia ceduto il posto ad una più doverosa lettura della realtà: quindi emerge una curvatura sulla complessità del mondo contemporaneo, ma... ed ecco il colpo alla botte! Appare un inserto che non figurava nelle edizioni precedenti! Vi si afferma che il percorso classico dovrebbe offrire "gli strumenti necessari per l'accesso ad ogni facoltà universitaria".
L'affermazione non viene replicata per gli altri licei ed è di una gravità estrema. Viene riconosciuto al solo percorso classico il privilegio dell'accesso ad ogni facoltà universitaria, mentre per tutti gli altri percorsi liceali l'accesso risulta debitamente filtrato e canalizzato. Nel comma 4 dell'articolo 2 del decreto si legge chiaramente che "nell'ambito dei percorsi liceali, d'intesa rispettivamente con le università, con le istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica e con il sistema dell'istruzione e formazione tecnica superiore, sono stabilite, con riferimento all'ultimo anno del percorso di studi, specifiche modalità per l'approfondimento delle conoscenze e delle abilità richieste per l'accesso ai corsi di studio universitari e dell'alta formazione rispetto ai quali i percorsi dei licei sono propedeutici, ed ai percorsi dell'istruzione e formazione tecnica superiore" (le sottolineature sono mie).
Tale lettura non sembra dare adito a più interpretazioni, anche se il Miur con un comunicato del 21 aprile u. s. si è affrettato a dire che "in riferimento a notizie d'agenzia su presunte limitazioni all'accesso all'università nella bozza di decreto di riforma del II ciclo... è assolutamente escluso che ci siano limitazioni all'accesso all'università in relazione ai diversi licei. Verrà mantenuto il valore legale dell'attuale diploma di scuola media superiore che consente l'accesso a tutte le facoltà universitari".
Ammettiamo pure che del comma si debba fare una lettura aperta, come sembra suggerire il comunicato, e non restrittiva, e che il quinto anno di ciascun percorso liceale non sia canalizzante: allora viene da chiederci: perché quel testo non è stato scritto in modo più chiaro? Che necessità c'era di introdurre l'espressione "rispetto ai quali i percorsi dei licei sono propedeutici"? Resta, comunque, aperto - se la precisazione del Miur è l'interpretazione corretta - il problema di come saranno organizzati i quinti anni degli 8 licei e relativi indirizzi "d'intesa rispettivamente - attenzione: rispettivamente! - con le università, con le istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica e con il sistema dell'istruzione e formazione tecnica superiore". Vedremo tutti questi soggetti insieme appassionatamente gravitare sul quinto anno di ciascuno degli 8 licei e relativi indirizzi?
Maurizio Tiriticco - 27-03-2005
Da un impianto normativo assai discutibile…

E’ noto che alla vigilia di una scadenza elettorale ogni decisione politica importante viene congelata in attesa di… E ciò è accaduto anche per lo schema di decreto sul secondo ciclo. L’amministrazione ha accolto qualche istanza dei sindacati e delle Regioni, anche se il tessuto resta quello che è! Ma, basta qualche ritocco per migliorare il tutto? L’interrogativo è grande! Il fatto è che alcune delle questioni nodali, quali quella del destino degli istituti tecnici e professionali non appaiono assolutamente risolte! Gli otto licei otto sono quelli che sono: qualche ora in più, qualche ora in meno, qualche materia rivisitata, aggiunta o cancellata… insomma quisquiglie… puro cabotaggio…
E doveva essere così! Se si è chiamati a discutere solo sull’articolato del decreto, ne emergono solo correzioni parziali! Ma è l’impianto che doveva essere discusso. O meglio, quando ci si è avviati alla definizione dell’impianto e alla stesura dei singoli articoli, non si doveva permettere che il Miur si chiudesse a riccio e affidasse il tutto agli anonimi esperti. L’intera operazione doveva essere aperta alla “politica”, almeno al confronto con le Regioni in sede, anche informale, di Conferenza Unificata. E tale procedura non sarebbe stata affatto extra legem!
Mo così non è stato! Ed ora? I nodi sono tutti irrisolti e… ce la faremo per la scadenza autunnale? O i tempi stretti daranno luogo soltanto a soluzioni abborracciate?
L’ho sempre detto! Chi ha scritto la legge 53 ha tenuto conto solo parzialmente della riforma costituzionale, e l’ha scritta guardando più al passato che al futuro. Quindi, non è nata una legge di adeguamento costituzionale, come è scritto nell’epigrafe (delega al governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione), ma una legge di riforma della scuola che è un’altra cosa! Di fatto, la legge 53 non è stata prodotta da un nuovo Miur post-riforma costituzionale, ma dal vecchio Mpi, quando dal centro partivano le sperimentazioni assistite, importanti processi innovativi, ma sempre all’interno di una logica centralistica che allora comunque era pienamente giustificata.
Ma, dopo il Titolo V, ci si aspettava di più: che la legge delega, affrontando in toto un articolato e complesso insieme dell’intero sistema di istruzione, operasse scelte conseguenti: un primo ciclo finalizzato ad una acquisizione forte di conoscenze e competenze di base quali oggi sono da perseguire in una società complessa ed avanzata, ed un secondo ciclo assolutamente nuovo rispetto a quello ereditato dalla tradizione, ed equamente ripartito tra Stato e Regioni. Ma non è stato così!
Due sono stati gli “errori” di fondo compiuti! Il primo riguarda il primo ciclo: per gettare a mare la legge 30, si è tornati al passato riesumando il vecchio percorso scuola elementare e media. Il secondo riguarda il secondo ciclo: un copio copias degli ordinamenti ereditati dal Mpi: il classico, lo scientifico, il tecnico, il professionale, con l’aggiunta di pezzi più o meno rivisitati. Ed il tutto riscritto secondo la logica verticale di sempre: il classico come percorso autorevole, ricco e completo e gli altri come esiti di successive sottrazioni di contenuti e di obiettivi! Una logica ultragentiliana! E alle Regioni? Altro che serie B! Il vuoto assoluto! Si è replicata la logica della Costituzione del ’47: alle Regioni l’istruzione artigiana e professionale, che allora era in gran parte da inventare! Ed anche oggi alle Regioni resta ben poco da inventare, se tutto è fagocitato dai licei! E del nuovo Titolo V nessuna traccia!
Questo è l’impianto della legge 53 ed ora è difficile ed arduo schiodarlo! Che fare? L’unica strada è quella di implementare ciò che già si è avviato, con timidezza e tante difficoltà e, forse, non sempre con lusinghieri successi, quella dei percorsi triennali di cui all’accordo quadro del 2003 (ed ai successivi accordi del gennaio e dell’ottobre del 2004). E’ una strada in cui, con la logica del campus si possono aprire più filiere, più percorsi in sedi statali e in sedi regionali (è detto all’articolo 1, comma 14 del decreto), con i quali ci si dovrebbe muovere verso finalità comuni, ma con percorsi e obiettivi di apprendimento variamente articolati. Ne dovrebbero conseguire: un reale ampliamento e consolidamento delle conoscenze e competenze di base, quali oggi sono richieste dalla società della conoscenza; ed una accorta pratica orientativa e riorientativa degli studenti, implementata dall’alternanza e dai passaggi, per favorire le loro scelte ulteriori.
Ovviamente questi percorsi andrebbero rivisitati e riscritti caso per caso secondo la strategia del curricolo (tanto invisa all’attuale amministrazione). Si tratterebbe, comunque, soltanto di una cornice operativa in cui non sarebbe affatto esclusa anche quella di un biennio post-scuola media. Ma quello che io sempre temo in fatto di processi di insegnamento/apprendimento è la logica dell’ingegneria fine a se stessa che, al limite, potrebbe anche non favorire quella flessibilità necessaria ad una reale individualizzazione dei percorsi.

…a quali Indicazioni nazionali?

Negli ultimi tempi la discussione si è incentrata tutta sul decreto, ovviamente! Però, non bisogna dimenticare che con gli allegati B, C , D ecc. (l’allegato A è quello del Pecup, altro capolavoro di questa amministrazione!) ci verranno sciorinate puntualmente le Indicazioni nazionali le quali daranno il là alle concrete attività di insegnamento/apprendimento! E il mio timore è che allegati non discussi divengano poi “transitoriamente”… vincolanti come è avvenuto per il primo ciclo!
Per quel che ho potuto leggere, anche qui siamo ad un nuovo copio copias! La struttura delle Indicazioni sembra la stessa di quella del primo ciclo: ritornano gli ologrammi, gli OSA, gli obiettivi formativi, le UA (guai a confonderle con le unità didattiche!!!), i PSP, il tutoring, e tutto quell’armamentario metodologico di cui non c’è assolutamente traccia nella ricerca educativa e psicopedagogia! E ritorna il portfolio, che nel decreto figura all’articolo 12, comma 2, come una delle funzioni del “docente in possesso di specifica formazione” al quale viene anche assegnata la “cura della documentazione del percorso formativo compiuto dallo studente”. La cosa strana è che del portfolio, che nel secondo ciclo assumerebbe una reale funzione di documentata testimonianza dei crediti e delle competenze via via acquisite dallo studente in funzione del profilo culturale e professionale che sta costruendo, si parla assai poco. Si dicono le stesse cose che già sono scritte nelle Indicazioni del primo ciclo, di quel corso di studi dove del portfolio non si è mai avvertita una assoluta necessità.
Ma la cosa più preoccupante delle Indicazioni è che nel copio copias ancora si afferma che “le tabelle degli obiettivi specifici di apprendimento hanno lo scopo di indicare con la maggior chiarezza e precisione possibile i livelli essenziali di prestazione (intesi qui nel senso di standard di prestazione del servizio) che le scuole della Repubblica sono tenute in generale ad assicurare ai cittadini per mantenere l’unità del sistema educativo di istruzione e di formazione” (corsivo e parentesi sono nel testo). Il che significa ancora una volta che gli OSA – come per il primo ciclo – non costituiscono obiettivi di apprendimento, ma standard di riferimento.
Il che rinvia ad un discorso più generale che in parte già è stato fatto da me e da altri per le Indicazioni del primo ciclo e che qui è opportuno riprendere.
I LEP, di cui al Titolo V, sono i livelli essenziali delle prestazioni che devono essere erogati dai pubblici servizi nelle singole Regioni: nessuna Regione può erogare servizi al di sotto di questi livelli. Per quanto concerne il sistema di istruzione e formazione, le prestazioni non riguardano tanto le finalità e i contenuti degli insegnamenti (gli apprendimenti sono un’altra cosa!) che le istituzioni scolastiche (ambito pubblico statale) e formative (ambito pubblico regionale) sono tenute a perseguire e ad offrire, ma anche e soprattutto l’insieme delle risorse da impegnare, delle strutture amministrative e organizzative, dei servizi e delle attrezzature di cui debbono disporre.
Maurizio Tiriticco - 01-03-2005
Per il secondo ciclo siamo prossimi ad una svolta? Chissà! La posta in gioco è molto alta e la confusione – io la registro ovunque vada – lo è ancora di più! Si affollano sul mio computer e nella mia testa file su file relativi allo schema di decreto e ai documenti connessi! Il guaio è che è impossibile comprendere quali siano i più attendibili! Forse lo stesso ministro non sarebbe più in grado, ormai, di capirci qualcosa!
Maurizio Tiriticco - 07-02-2005
Che bello! Ritornano i Programmi!

C’erano una volta i programmi ministeriali… ora ci sono le Indicazioni nazionali, solo per il primo ciclo, e, chissà quando… quelle regionali… e ci sono anche gli OSA… per tutti i cicli, un diluvio, anzi uno tsunami, direi… Li ho letti… tutti tutti tutti, lo giuro, e con tanta tanta attenzione, ma…
Mi sono chiesto: tra i programmi ministeriali e gli OSA non c’è di mezzo l’autonomia? Ed anche il nuovo Titolo V? Ed anche un ruolo tutto diverso del MIUR, che non è, o meglio non dovrebbe più essere, il vecchio MPI liquidato dal dlgs 300/99, applicativo della legge 59/97?
Il rapporto che corre, o dovrebbe correre, oggi tra le Istituzioni Scolastiche Autonome non può essere quello che correva un tempo tra MPI e le unità scolastiche! L’autonomia, il nuovo Titolo V e il dlgs 300 per gli attuali amministratori del MIUR sembrano assolutamente… non esistere!
Di questa nuova realtà costituzionale, istituzionale e normativa – mi si scusi il crescendo! – gli estensori degli OSA non hanno tenuto alcun conto! O forse chi ha assegnato i compiti ai gruppi di lavoro, anonimi, pur se qualche firmetta qua e là compare… ha dimenticato di dir loro che non dovevano replicare i programmi di buona memoria, ma fare tutt’altra cosaaaaa!!!!
Indubbiamente, ad essere onesti, gli estensori sono stati bravissimi! Ottimi professori di scuola secondaria… di secondo grado, ovviamente, che ormai sanno tutto di come si individuano, definiscono, descrivono obiettivi di apprendimento: i testi classici degli anni Settanta (Mager, i due Nicholls, i due de Landsheere, il duo Vertecchi Maragliano, il Pellerey, la Pontecorvo e… un pizzico del Tiriticco!) indubbiamente hanno fatto scuola.

Maurizio Tiriticco - 31-01-2005
La legge ’53 recepisce il Titolo V, ma ne fa una lettura particolare... Pertanto, quando nella legge 53 si individuano ben otto licei – e con il dlgs si sono moltiplicati gli indirizzi – è evidente che allo Stato viene attribuita una fetta enorme dell’intero secondo ciclo, per cui non si comprende che cosa potrà essere assegnato alle Regioni. La pari dignità, di cui alla stessa legge 53, diventa così una sorta di ectoplasma! Il fatto è che gli estensori della legge 53 “hanno avuto paura” dello sconcerto emergente circa il “pericolo” che gli IT e gli IP “finissero” alle Regioni ed hanno implementato a dismisura l’area dei licei. Tant’è vero che nel dlgs non si legge che gli IT e gli IP “passano” alle Regioni, ed il silenzio è più eloquente della parola scritta, per cui studenti e insegnanti, come è noto, stanno “scappando” tutti dagli IT e dagli IP!
Va allora detto che, se alle Regioni spetterà tutta l’organizzazione e la gestione delle istituzioni scolastiche e formative (assetto ordinamentale), si abbia allora il coraggio di emendare la legge 53 e affidare con decreti mirati la grande maggioranza degli IT e degli IP alle Regioni anche in ordine alle competenze sui curricoli (aspetti operativi).
Il nodo è tutto qui! Il Titolo V affida alle Regioni la grossa partita dell’istruzione e formazione professionale. Ma la legge 53 di fatto “non ha voluto” applicare il Titolo V. Si ha veramente paura delle Regioni? Forse siamo tutti un po’ responsabili di questa “non scelta”! Con una mano abbiamo lanciato il sasso (Titolo V), con l’altra l’abbiamo ripreso (la paura delle Regioni!)
E i nostri giovani saranno sempre meno preparati, il mondo del lavoro e l’Europa aspetteranno ancora!
Maurizio Tiriticco - 14-01-2005
Sono sempre schivo dall'intervenire sul terreno politico in senso stretto, però... Ho letto con interesse il pezzo redazionale di Scuolaoggi sul killeraggio antiProdi ed altre cose che riguardano la... non-posizione dell'Ulivo sui temi della scuola. Alle puntuali osservazioni del giornale aggiungerei senza commento questo fiorellino, tratto dalle "idee-chiave per l'Alleanza", una sorta di linee programmatiche (si fa per dire!!!) che Rutelli ha lanciato nell'articolo su "la Repubblica" dello scorso 3 gennaio.
A proposito della scuola Rutelli scrive: "Scuole aperte al servizio della comunità. L'istruzione pubblica - tutta la scuola è pubblica - è il sostegno primario alla crescita di persone e famiglie, non più solo un fatto sociale, ma base della crescita economica moderna. Occorrono più risorse, puntare a tenere aperti 12 ore al giorno e utilizzare al meglio edifici scolastici, far sorgere centinaia di nuovi nidi e materne". E qui finisce! Rutelli non sa che gli edifici scolastici sono già aperti da tempo, certamente in relazione alle iniziative che scuola e territorio svolgono! E non sa che le materne non si chiamano più così! Il resto della proposta è... assoluta ovvietà!
Maurizio Tiriticco - 06-01-2005
Riflessioni per l’audizione del 12 p. v. sul secondo ciclo presso il Miur

Adempimenti di competenza dello Stato
relativi al sistema nazionale di istruzione


Le Indicazioni Nazionali, relative ai diversi gradi ed ordini dell’istruzione (infanzia, scuola primaria, scuola secondaria di primo grado, scuola secondaria di secondo grado), devono contenere necessariamente:
A) le norme generali sull’istruzione (ex art. Cos. 117, c. 2, lettera n), così ordinate:
- motivazioni e finalità dei processi di istruzione in ordine ai principi e alle responsabilità civili e sociali, di cui alla Costituzione repubblicana;
- gli obiettivi generali del processo formativo (ex art. 8, c. 1, punto a del dpr 275/99), distinti per i diversi gradi;
- gli obiettivi specifici apprendimento relativi alle competenze degli alunni (ex art. 8, c. 1, punto b del dpr 275/99), distinti per i diversi gradi ed ordini;
- gli altri punti c, d, g, del comma 1 dell’art. 8 del dpr 275/99, distinti per i diversi gradi ed ordini;
B) la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) che le istituzioni scolastiche sono tenute ad erogare perché i diritti civili e sociali dei cittadini siano garantiti su tutto il territorio nazionale (ex art. cos. 117, c. 2, lettera m), in termini di standard relativi alla qualità del servizio (ex art. 8, c. 1, lettera f, del dpr 275/99).

Adempimenti di competenza dello Stato
relativi al sistema di istruzione e di formazione professionale


Riguardo all’istruzione e formazione professionale, lo Stato non ha competenza in materia di norme generali, ma ha competenza in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti dal sistema di istruzione e formazione professionale su tutto il territorio nazionale.
Pertanto, spetta allo Stato la legislazione in materia di:
- motivazioni e finalità dei processi di istruzione e formazione professionale in ordine ai principi e alle responsabilità civili e sociali, di cui alla Costituzione repubblicana. Valgano a questo adempimento – in forza della pari dignità dei due percorsi – le finalità comuni dell’intero secondo ciclo, di cui all’art. 2, c. 1, lettera g della legge 53/03, che così recita: “Il secondo ciclo, finalizzato alla crescita educativa, culturale e professionale dei giovani attraverso il sapere, il fare e l’agire e la riflessione critica su di essi, è finalizzato a sviluppare l’autonoma capacità di giudizio e l’esercizio della responsabilità personale e sociale; in tale ambito, viene anche curato lo sviluppo delle conoscenze relative all’uso delle nuove tecnologie”. Giova anche ricordare che il Profilo Educativo, Culturale e Professionale dei giovani all’uscita del secondo ciclo (PECUP) – a prescindere da qualsiasi giudizio in merito ai suoi contenuti – riguarda tutti i giovani all’uscita di ambedue i sistemi, fatta esclusione della durata dei percorsi e degli strumenti culturali;
- determinazione degli standard minimi formativi (SMF) in quanto occorre: a) evitare differenziazioni in materia tra regione e regione; b) considerare la necessità di un progressivo adeguamento con gli standard europei;
- definizione del profilo professionale degli insegnanti della IFP.

Maurizio Tiriticco - 27-12-2004
<Agli inizi di gennaio, per graziosa volontà del principe, si apriranno più tavoli di discussione sul secondo ciclo. Non vorrei, non vorremmo, che il confronto fosse solo sui dettagli e non sulle linee fondanti.
Occorre volare alto! Di qui le argomentazioni che seguono.


Sul secondo ciclo si possono versare fiumi di inchiostro, scrivere migliaia di OSA, decine di discipline, quadri orari obbligatori e non, e tutto all’infinito perché… chi più ne ha, più ne può mettere, ma…
… non bisogna dimenticare che le questioni fondamentali sono essenzialmente due: quella degli standard e quella della ricerca e definizione di un asse culturale che dia corpo all’intero sistema di istruzione. Esplicitiamole.

La questione degli standard

Stiamo faticosamente passando da un sistema di istruzione tutto governato dall’alto – la scuola di ieri – ad un sistema autonomistico. Questo si fonda, da un lato, sulle scelte pedagogico-culturali degli istituti scolastici e degli istituti di formazione, dall’altro sulle scelte istituzionali, organizzative e gestionali delle Regioni – il sistema descritto e sancito dal nuovo Titolo V.
Perché il nuovo sistema funzioni, è necessario mettere in piedi un serio e forte dispositivo di controllo. Lo esplicita chiaramente Giorgio Allulli (“Il Sole 24 ore” del 18 u. s.): “Qualunque sistema viene governato in due modi: o attraverso la definizione e il controllo delle modalità di funzionamento, o attraverso la definizione e il controllo dei risultati che devono essere conseguiti. I paletti del sistema vanno cioè collocati a monte (in questo caso si parla di controllo degli input del sistema) oppure a valle (in questo caso si parla di controllo degli output)”.
In altri termini, il buon funzionamento della scuola di ieri era garantito a monte da una fitta rete di norme, dai programmi ai quadri orari alle circolari esplicative! Quella di domani dovrà essere garantita a valle da “oggetti” assolutamente nuovi per la nostra tradizione – e non solo scolastica – cioè dagli standard e da un efficace sistema di valutazione esterna.
Gli standard non sono oggetti misteriosi, ma proprio per questo l’amministrazione deve metterci mano con un’ottica assolutamente diversa da quella con cui era solita scrivere decreti, ordinanze e circolari. Si tratta di una svolta a 180 gradi! Pensare e fare in termini di standard richiede cambiamenti profondi nella cultura e nei comportamenti giuridico-istituzionali ed economico-funzionali sia da parte di chi è tenuto a scriverli sia da parte di chi li dovrà considerare come fine e volano delle sue azioni.
Per quanto riguarda il sistema nazionale di istruzione, gli standard devono riguardare essenzialmente due ambiti di questioni, strettamente interrelate:
a) i risultati degli apprendimenti, in termini di quelle competenze terminali che i singoli ordini e gradi di istruzione propongono e richiedono ai fruitori;
b) le modalità del funzionamento degli istituti, in ordine ai contesti operativi, alle risorse, alle strutture e alle attrezzature, alle dotazioni didattiche, ai servizi.
Si tratta di ambiti che andranno affrontati e “lavorati” con larghi criteri di contestualizzazione, considerando che non c’è un prima e un dopo tra le competenze proposte agli studenti e la garanzia di un servizio efficiente ed efficace. L’esito di un apprendimento è pur sempre legato alle risorse adottate! Didattica e organizzazione sono sì concetti distinti, ma le operazioni per realizzarle sono strettamente intrecciate!
In una nota della scorsa estate, a proposito della necessità della riscrittura delle Indicazioni nazionali relative al primo ciclo, le quali, com’è noto, hanno a tutt’oggi (e per quanto tempo ancora?) carattere transitorio, scrivevo: “Le Indicazioni dovrebbero dare indicazioni – appunto! – su due versanti: a) quello culturale, educativo e pedagogico didattico, quello dei macroobiettivi, cioè degli obiettivi generali del processo formativo e degli obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni – come si esprime il dpr 275 – proposti come traguardi per gli studenti; b) quello delle risorse di cui le istituzioni scolastiche devono disporre per garantire i livelli essenziali del servizio – in ordine all’adempimento dell’articolo Cos. 117, c. 2, lettera n. Com’è noto, il punto b) nelle Indicazioni è totalmente assente! Quando, invece, avrebbe dovuto costituire l’elemento forte, caratterizzante, innovatore, in relazione al nuovo ordine che deriva dal Titolo V”.
Un discorso analogo vale per le Indicazioni nazionali del secondo ciclo. Ma, stando ai documenti e allo schema di decreto che sono in circolazione, nulla si ritrova di quanto ci dovrebbe essere, fatta eccezione per il sistema di istruzione e formazione professionale (capo III dello schema di dlgs).
Gli anonimi si sono sperticati a riscrivere ancora una volta nuovi/vecchi programmi di un tempo! Mi sembra che si siano detti: siccome ci troviamo nella società della conoscenza, moltiplichiamo le conoscenze, aumentiamo il numero delle discipline, ed anche quello degli OSA! Non sia mai detto che non attendiamo puntualmente al compito assegnatoci dal Ministro! Ma gli OSA, dico io, non possono essere la lista della spesa della puntigliosa massaia! Se volessimo, di obiettivi ne potremmo scrivere a migliaia! Ma gli OSA devono essere macroobiettivi, indicatori standard, quindi, per loro natura, debbono essere pochi, essenziali, chiari, e di lettura non ambigua! Spetterà alle istituzioni scolastiche autonome “leggerli” e “curvarli” alle specificità dei loro progetti. Altrimenti gli obiettivi formativi – non se ne parla nel DPR 275, ma nelle Indicazioni per la scuola di base costituiscono un adempimento delle scuole – diventano un rimasticamento, se non un inutile copio copias degli OSA. E i suggerimenti che ci vengono con la nuova scheda di valutazione per il primo ciclo vanno proprio in questa direzione! Che è offensiva per le scuole!
Ma i nostri anonimi estensori si sono anche dimenticati almeno di due dati essenziali.
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